martedì 7 luglio 2009

Marilyn

I Love Writing
di Fabio Cicolani

La forma d’amore che ci completa, come due metà della mela di platoniana memoria, è quella che vive grazie a un’altra persona. C’è però un tipo d’amore che soggiorna in noi, che ci realizza e ci rende più consapevoli. È l’amore che mettiamo in quello che facciamo, in quello che amiamo fare.
Io amo scrivere e quello che scrivo è il linguaggio attraverso cui esprimo il mio amore per il mondo. E per la gente.

Questo post nasce da un episodio accadutomi di recente, che vi riassumerò, tralasciando i dettagli più sconvenienti e partendo dal presupposto che ho terminato il mio primo romanzo e che vedrà la luce nelle librerie a settembre.
Cosa è successo? Molti di voi di certo lo sapranno: quando si termina un romanzo arriva l’ondata di editing. Io sono un emerito perfezionista e ho pianificato tre tipi di editing (oltre a quello previsto dall’editore), affidandoli a tre persone competenti nell’ambito di scelta. Il primo editing era di tipo grammaticale, e l’ho affidato a una puntigliosissima editor, conoscitrice e amante della lingua italiana in tutte le sue scintillanti sfumature (grazie Aurora). Il secondo editing l’ho chiamato “umano” ed era quello che doveva rilevare l’aspetto emotivo del romanzo, ovvero la credibilità e l’avvertibilità dei personaggi, i sentimenti che li dominavano a seconda di situazioni e personalità e la naturalezza delle emozioni descritte (grazie Marina). L’ultimo tipo di editing era quello più “intelligente” ovvero quello che andava a pescare incongruenze, contraddizioni, castronerie di vario genere legate alle situazioni. Disastri che si possono verificare a causa di superficialità, approssimazione e distrazione.
Per quanto mi riguarda non conoscevo persona più adatta per questo compito quanto il recensore più temuto nell’ambiente Fantasy, la ragazza che ha irritato anche gli animi più pacifici di scrittori e non, l’adolescente che si è schierata contro una macchina editoriale devastante come la Mondadori e la sua punta di diamante (in ambito Fantasy) Licia Troisi. Chi è questo kamikaze? Non conosco il suo nome, si fa chiamare Gamberetta.
Questa giovane ragazza di belle speranze mi ha aiutato moltissimo in passato, con il suo acume, intelligenza, competenza e la sua passione per la buona scrittura. Fatto sta che la Signorina si è rifiutata di aiutarmi in questa fase finale, adducendo mancanza di tempo, inimicizia nei miei confronti e chiedendo una cifra esorbitante (mai stabilita, ma definita nei termini di “a peso d’oro”) per il lavoro che le chiedevo.
Ora, questa lunga premessa per chiarire la situazione. Il fatto clou è questo: la Signorina si è risentita del fatto che non avessi letto il suo romanzo e così, colto dal senso di colpa, ho scaricato la sua opera prima – pubblicata on-line – e l’ho letta.
Ebbene, per quanto competente possa essere la Signorina, il suo romanzo era privo d’amore. Questa mancanza mi ha talmente colpito, che ho deciso di recensire il romanzo in questione sul mio blog.
Ovviamente c’erano anche diverse incongruenze, illogicità e facilonerie, ma, scorrendo i commenti al romanzo sul suo sito, notavo che ogni problema di questo tipo veniva prontamente contestato e spiegato dall’autrice con piglio sempre più saccente.
Per cui, nella mia recensione, ho puntato su quel qualcosa che sapevo la Signorina non conoscesse, perché la sua storia ne era priva.
Cosa c’entra tutto ciò con questo post? C’entra perché non possiamo scrivere o fare qualsiasi altra cosa, decoupage compreso, con l’unico intento di fare bene e preciso, o solo perché crediamo di sapere come si fa.
Tutti noi sappiamo come è fatta una sedia, ma quanti di noi sarebbero in grado di costruirne una? E se lo facessimo, sicuri che sarebbe ben fatta, comoda e funzionale quanto quelle che vediamo nei negozi? Ne dubito.
Alla base di tutto c’è l’amore. Ok, ora potete farvi venire la carie o il diabete, ma, dopo questa esperienza con Gamberetta, ho capito sempre più che è l’amore che ti fa creare cose superiori. Il romanzo della Signorina creava un’atmosfera lugubre e fredda, truce e truculenta, piena di svisceramenti e mutilazioni non solo ai danni di mostri sconosciuti, ma soprattutto ai danni della sua protagonista, una ragazzina un po’ ingenua che ha l’unica colpa di vivere la vita con leggerezza e di prendere una sbandata per il tipo sbagliato. Quello che dico è: vuoi amare almeno i tuoi protagonisti? Tu, autore, mi vuoi almeno dimostrare un minimo di compassione nel vederli torturare? O il tuo occhio vuole indugiare impietoso sul massacro suggerendo puro sadismo?
È davvero così che voi passereste le vostre giornate? Dilettandovi nella lettura di opere mostruose a livello umano che vi lasciano solo disgusto e amarezza? Ditemelo voi perché io ho letto tantissime storie dove la violenza abbondava, ma il lato umano della vicenda non era mai in secondo piano, l’autore stesso mostrava pietà per un corpo mutilato e in quel momento io lo sentivo dalla mia parte, perché con tutta la fantasia possibile, io non riuscirei mai a godere della sofferenza altrui e a sorriderne. Mi sentirei senza anima, e senza amore. E chi non ama non è mio amico.

5 commenti:

Scarlett ha detto...

Fabio, non ci conosciamo, ma rimedieremo. Se fossi qui ti stringerei la mano. Ti abbraccerei. Valicherei il confine della buona educazione e delle convenienze tra estranei per manifestarti tutto il mio amore per questo tuo articolo. Tu hai capito tutto. Non hai più nulla da imparare.
Hai trovato la strada per la fine del vento, quella che Gamberetta, in tutta la sua presuntuosa saccenza, non riuscirà mai a percorrere, perchè è una strada che si percorre con il cuore. E lei, credo se lo sia perso alla prima curva del suo cammino.
Non credo che leggerò mai il libro della Signorina, ma il tuo si, lo prenoto fin da ora.
Fammi sapere quando esce. Io non temo né carie né diabete.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Bravo Fabio
complimenti e auguri per il tuo romanzo in uscita.
Hai ragione il cuore è sempre la cosa più importante.
Con affetto

cicobyo ha detto...

Grazie mille ragazze, rileggendo l'articolo mi sono sentito un po' stupido e sentimentale, ma mi sono detto "io la penso così" e l'ho postato. Il vostro appoggio mi solleva. Scrivere è artigianato, è un mestiere che si fa con il caldo sudore della fronte che scivola sulla bocca sorridente, si fa nelle notti in bianco, illuminate dall'entusiasmo e dalla passione. Un'altra attività si fa in questo modo e, guarda caso ha non solo il verbo "fare" ma anche l'ingrediente principale dello scrivere di cui ho parlato nel post. Altrimenti non è scrivere, è autocompiacersi, per continuare la metafora "erotica" è masturbazione (questa era forte). Sempre secondo me, ovvio.

Scarlett ha detto...

Non per nulla gli scritti morbosi, quelli fatti per autocompiacersi, si chiamano anche "masturbazioni mentali".
Metti sempre l'amore in quello che scrivi, e quando lo scrivi. Fosse anche un saggio sulla coltivazione delle sassifraghe. Se scrivi con il cuore, tutto ciò che scrivi diventa immortale.

Maddalena ha detto...

Grande Fabio e bella anche la risposta di Scarlett, mi piacete proprio!!!!!!

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